Thunder Tonic

Thunder Tonic - ricette cocktail

Si perde nella notte dei tempi il racconto di come oltre 9000 anni fa i cinesi abbiano inventato una bevanda straordinaria fermentando il miele. Più tardi, chiamata Ambrosia dai greci, era consumata per le feste religiose e soprannominata il nettare degli Dei e origine della loro immortalità. Per gli antichi romani anche il vino gli era gradito. Regalato agli uomini da Bacco, nato dall’amore folle di Giove, dio del fulmine, per la mortale Semole, il vino è spesso rielaborato in diverse ricette, tra cui il mulsum, condito con miele, spezie e profumato con gli agrumi. La spezia più gradita era lo zenzero sia per le sue proprietà digestive, afrodisiache e purificanti, che per la convinzione che elevava l’anima verso le divinità. Il limone, introdotto dall’Asia con una certa reticenza, divenne un frutto ricercato e prezioso, icona della loro potenza. È stato il colore viola che ha resistito al tempo come l’emblema dei grandi, utilizzato per adornare le statue delle divinità e indossato con fierezza dai grandi imperatori. Tutti gli elementi dell’antichità danno oggi vita a IOVEM, simbolo di una nuova storia ricca di mistero e piacere. L’intenso aroma e gli stimolanti sapori creano un’unica e inaspettata esperienza di gusto. Un modo nuovo di bere italiano.

Tempo

Medio-basso

Difficoltà

Media

Cash
Costo

Medio

di cosa avrai bisogno

QuantitàIngredienti
5cl
IOVEM
10cl
Acqua tonica
Scorza di limone

come procedere

Procedimento
Versare gli ingredienti direttamente in un bicchiere highball colmo di ghiaccio. Mescolare il tutto con un barspoon. Spremere una scorza di limone per profumare il cocktail con gli oli essenziali. Utilizzare la scorza di limone per decorare.
Un cocktail dal basso contenuto alcolico con un gusto pieno ed appagante, l’amaro della tonica viene arricchito dalle nuove straordinarie note fresche e speziate di IOVEM. A cavallo della prima guerra mondiale viene commercializzata la prima bibita dal sapore dolce-amaro dato dal chinino e chiamata “acqua tonica”. Il colore VIOLA rende THUNDER TONIC unico e travolgente come la forza della natura. Salute!
bruno vanzan

BRUNO VANZAN

Intervista a Simone Caporale e Bruno Vanzan

SIMONE CAPORALE E BRUNO VANZAN, DUE AMBASCIATORI DELLA MIXOLOGY ITALIANA NEL MONDO

Sono due mostri sacri nel settore del Bartending e del Beverage, Ambasciatori di molti marchi di prestigio e instancabili innovatori e ricercatori in un mondo in cui, oggi più che mai, si stanno delineando nuovi modi di intendere la mixology. Eccoli, in esclusiva per METRO, in un’intervista “a quattro mani”.

Di Marcella Valverde

Identikit di Simone Caporale

Simone Caporale è nato a Como e inizia a lavorare come bartender a 16 anni. In seguito si alterna tra Londra, Seoul e Barcellona. Vince il premio International “Bartender of the year” allo Spirited Awards di New Orleans nel 2014 e il suo bar londinese “Artesain” conquista per 4 anni consecutivi il primo premio della World’s 50 Best Bars. Oggi gestisce il suo locale “Sips Drinkery House” a Barcellona in collaborazione con Amaro Santoni.

Identikit di Bruno Vanzan

Bruno Vanzan è nato a Roma. A 17 anni inizia a formarsi e a fare esperienze in un bar di periferia della Capitale. Dopo aver studiato e allo stesso tempo fatto gavetta, si divide tra Nairobi e Las Vegas, per poi stabilirsi a Milano. Viene proclamato Campione del Mondo nel 2016 dalla prestigiosa IBA (International Bartenders Association) a Tokyo. Attualmente è a capo della “BV HOLDING” e collabora con marchi internazionali del settore Beverage.

Healthy drink e Ready to drink: quali sono i trend e i cocktail del momento? Quanto conta abbassare la gradazione alcolica?

Simone Caporale: Senza dubbio i drink con un contenuto alcolico più moderato hanno già prevalso suo mercato: facilitano il consumo e il rituale attorno al drink stesso. Infatti, estendono la durata dell’esperienza di consumo perché si crea una sorta di “socialità” attorno al tavolo. Per esempio, la combinazione di aperitivi italiani di piccoli, ma prestigiosi produttori come Amaro Santoni, delicati, floreali e non troppo zuccherati.

Bruno Vanzan: Mi piace parlare di drink low alcol. In tempi non sospetti, era infatti il 2018, ho fatto un percorso molto importante con l’Università dei sapori di Torino alla scoperta di quali potessero essere i trend futuri: già 5 anni fa era emerso che il low alcol sarebbe diventato un tema caldo nel panorama mondiale della mixology. Per questo motivo, nel 2019, insieme al mio socio Adriano Costigliola, abbiamo creato IOVEM (Giove, in latino), un prodotto alcolico a bassa gradazione alcolica e dal colore viola, appartenente a una nuova categoria alcolica, i “Nettari alcolici”. Un altro esempio che voglio portare e che può far riflettere i lettori è quello che da qualche mese proponiamo alla Vanzan Academy, ovvero il servizio dei grandi classici in tre versioni differenti. Vi cito l’esempio del Negroni:

  • Standard con gradazione alcolica 26%
  • Extra cold (costruito con tecnica “stir and strain” che dona una temperatura inferiore e una diluizione maggiore) con gradazione alcolica 21%
  • Low alcol (prevede la sostituzione del gin con un distillato zero gradi o con un bitter home made zero gradi) con gradazione alcolica 9%

Quanto descritto ci permette di far avvicinare il pubblico a una scelta di gusto consapevole mantenendo, al tempo stesso, tradizione e cura per i grandi classici che hanno fatto la storia della miscelazione. Per quanto riguarda i ready to drink, penso che siano degli ottimi prodotti che, però, devono essere collocati in luoghi dove possano essere valorizzati e dove il consumatore ne possa beneficiare come, per esempio, treni, aerei o luoghi in cui il bar non può essere “espresso”.

Quali sono gli scenari futuri della mixology in Italia?

Simone Caporale: In Italia abbiamo una quantità immensa di grandi prodotti, tutti di ottima qualità e facili da reperire. Qui da noi si potrebbe senza alcun dubbio ricreare il “cocktail italiano” come avvenne negli anni 60: infatti, non abbiamo nulla di meno rispetto ad altre realtà come l’Inghilterra, la Spagna o gli Stati Uniti. Anzi: questi Paesi hanno fatto la storia dei cocktail utilizzando comunque prodotti italiani. Si pensi al Vermouth, per esempio.

Bruno Vanzan: La ricerca e lo studio fatto dai barman italiani negli ultimi anni hanno creato i presupposti affinché la qualità media aumentasse in tutto lo Stivale: sono molto fiducioso che la mixology nel nostro Paese possa assumere un ruolo importante. Se analizziamo oggi i grandi alberghi e i grandi ristoranti, tutti puntano sul “lato bar” per offrire al proprio pubblico esperienze di gusto complete. Questo fa sì che gli standard aumentino e che anche i luoghi a ridosso delle grandi città possano essere ispirati dal lavoro altrui, implementando l’offerta per i propri clienti. 

E gli scenari internazionali?

Simone Caporale: Ormai la condivisione dei maggiori trend si diffonde a livello globale: internet, infatti, fa condividere le idee molto rapidamente e tutto diventa più accessibile. Si stanno semplificando le firme di servizio, aumentano i cocktail “meno complicati da intendere” ma complessi nel liquido: insomma, stiamo assistendo a una sorta di “prêt-à-porter” nel campo dei drink.

Bruno Vanzan: Gli ultimi anni di pandemia non hanno permesso alle persone di viaggiare come avrebbero voluto, ma questo non ha fermato lo scambio “culturale” che avviene a livello internazionale: sempre più culture si fondono alla ricerca e alla scoperta di materie prime, di coltivazioni che sfruttano similari zone geografiche, temperature, habitat naturali e che consentono di dare vita a veri e propri prodotti di qualità in diverse parti del mondo. I barman, grazie anche ai social network e alle fiere di settore, sono sempre più in connessione tra di loro e questo confronto permette una crescita continua. Su quale sia il futuro internazionale della mixology è molto difficile esprimere un’opinione: posso solamente provare a immaginare un mondo in cui bere un buon drink sia la normalità e dove la conoscenza dei non addetti ai lavori possa essere sufficientemente adeguata come lo è nella cucina. 

Il vino nella mixology: sì o no? Quanto conta abbassare la gradazione alcolica?

Simone Caporale: Il vino nel cocktail c’è sempre stato, basti pensare ai Vermouth, agli Sherry e ai vini di Marsala… sono tutti prodotti che hanno fatto la storia del cocktail dal 1800 a oggi. Che dire? Viva il Vino!

Bruno Vanzan: Sono proprio ora di ritorno da una master class intitolata “Il vino in miscelazione” nella quale, con il mio team, abbiamo presentato delle ricette in cui il vino viene proposto sotto svariate forme non comuni di degustazione. Vi faccio alcuni esempi partendo proprio da una ricetta internazionale come il “New York Sour” da noi proposto con un Velluto di Aglianico, passando per un French 75 con sciroppo e aria di prosecco per concludere con una Sangria “moderna” preparata sfruttando uno strumento come la Coffe Syphon (macchina a depressione datata 1830, impiegata per la preparazione del caffè) in cui si realizza un’infusione a caldo e una filtrazione automatica. Quindi direi un grande “sì” alla domanda aggiungendo anche che l’obiettivo della mia/nostra mixologist è quello di valorizzare la materia prima e gli ingredienti che utilizziamo. 

Mixology e food: è sempre più amore indissolubile? Come va inserita nei menù?

Simone Caporale: Il successo del cocktail abbinato al food prenderà piede veramente quando si smetterà di pensare al cocktail in sé: mi riferisco al fatto che, per una perfetta combinazione, dobbiamo pensare a meno alcol, più acidità e meno zuccheri. L’acidità, poi, deve arrivare non solo dagli agrumi, ma anche dall’invecchiamento ossidativo dei vini… il segreto sta proprio lì!

Bruno Vanzan: Su questa domanda ho un parere abbastanza discordante dalla massa, ovvero penso che il food paring non esista. Mi spiego meglio: i gusti delle persone sono molto soggettivi, si basano sulle percezioni di sapori ed emozioni che il cibo o il cocktail stimolano al singolo individuo e che differiscono tra di loro per mille motivi. Quindi anche se esistono connubi tra food e drink che oggettivamente si sposano molto bene, consiglio sempre di fare un lavoro che io definisco “Tailor Made”, ovvero cucire addosso ai nostri clienti una proposta di abbinamento o di servizio. 

Quali consigli dareste, in questo particolare momento storico, per migliorare la gestione della bottigliera e del drink cost?

Simone Caporale: Imparate a vedere il valore del prodotto: solo in pochi si siedono a fare un’analisi dei prezzi, del costo delle materie prime e non solo. I numeri non sono mai piaciuti al bartender e questo è un gran problema. Le proporzioni sulle quantità, la grandezza del bicchiere, il volume del ghiaccio che occupa il bicchiere, solo per citare alcuni elementi da tenere in considerazione, sono tutti fattori determinanti che, in poche parole, rappresentano il segreto del successo o determinano il disastro!

Bruno Vanzan: L’industria e i piccoli produttori oggi offrono molteplici possibilità di assortimento: sono tantissime le etichette a cui i barman possono accedere e proprio per questo motivo bisogna fare molta attenzione. Il primo consiglio è una buona rotazione attraverso la carta cocktail che si va a proporre, il secondo è un cambiamento constante della carta dove si possono mantenere stabili gli “hero drink” a cui il pubblico è affezionato. Il drink cost? Prima di tutto ci vuole una buona preparazione di management: non basta solo stilare una lista dei costi, bensì bisogna creare dei documenti in cui il GP, ossia il gross profit, venga evidenziato e sottoposto a diversi scenari. Faccio un esempio: se vendiamo un Martini cocktail a 10,00 euro sul nostro menu, dovremmo sapere che lo stesso drink ci darà marginalità diverse in base non solo ai prodotti che usiamo, ma anche all’orario in cui lo serviamo, durante un aperitivo con il food di accompagnamento oppure durante la serata con taralli e olive. Ecco, tutti questi scenari vanno considerati e tramutati in documenti che possono aiutarci a calcolare il vero profitto della vendita di un drink e a stabilirne il corretto prezzo per il cliente. 

Cosa bolle in pentola? Anticipazioni e progetti 

Simone Caporale: “Sips Drinkery House”, il mio bar di Barcellona, sta aprendo un altro spazio dedicato alla creatività e all’innovazione del drink e del liquido. Vi aspetto a braccia aperte! Salute!

Bruno Vanzan: Nel 2022 saranno tanti i progetti che prenderanno forma all’interno della “BV HOLDING”: uno dei più importanti sarà la nascita della Membership, ovvero un contenitore di formazione riguardante il mondo del beverage che prevede moltissimi vantaggi. Qui le persone non solo si potranno documentare sui contenuti più consoni alle loro esigenze, ma anche farlo quando vorranno e dove vorranno. Allo stesso tempo potranno accedere a sessioni dedicate di “meet and great” con i professionisti. Lo scopo di questa Membership è di far aumentare la conoscenza della materia agli operatori e agli appassionati attraverso un sistema scalabile in cui il proprio livello, all’interno del sistema, aumenta non grazie al potere di acquisto, bensì al proprio sapere. E poi ci saranno tantissimi altri vantaggi, ma non posso dirvi tutto adesso… Il lancio è previsto per settembre: stay tuned! 

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